Così ho sconfitto le formiche
Ci sono metodi naturali e metodi artificiali. Io fino all'altro giorno preferivo i secondi - rapidi, efficaci, sicuri - ma ora non so più. Il dubbio mi è venuto l'altro giorno quando ci siamo portati a casa un gelsomino nuovo con un sacco di terra fresca: "Sarebbero 33 euro, ma vi faccio 30" aveva detto il vivaista aggiungendo di metterlo al sole e di dargli acqua. Ma aveva taciuto, quell'uomo, che nel prezzo era compresa anche una colonia di formiche.
Ce ne siamo accorti il giorno dopo quando abbiamo visto le prime sgranchirsi lungo i lati della terrazza. All'inizio erano poche e ho cominciato a ucciderle a sangue freddo una per una con il dito, plic, plic, plic, chiedendomi se fosse quello il modo giusto. Ma più ne schiacciavo - plic - più quelle mandavano rinforzi così ho deciso di adottare il metodo (naturale) del mio amico G., un pacifista di buon carattere che aveva avuto lo stesso guaio un anno prima: "Devi prendere un pezzo di pane e metterglielo vicino così loro stanno lì a mangiare e non ti entrano in casa". L'ho fatto, senza crederci, e me ne sono pentito un'ora dopo quando quel pezzo di pane era diventato una palla nera brulicante di formiche, tanto che quasi gli spuntavano le gambe e se ne andava via da solo.
Qua ci vogliono le maniere forti - mi son detto - ma si era fatto tardi. Le ho foraggiate con un'altra mezza spaccatina e me ne sono andato a lavorare. Al ritorno, col buio, tutto pareva tranquillo, compreso il pane che se ne stava lì abbandonato. E' stato il giorno dopo, all'alba, che si è verificata la catastrofe con due colonne scure che salivano e scendevano lungo il muro, fitte come un'autostrada prima di ferragosto. Allora sono corso in via Rosmini, dove c'è un negozio specializzato in queste cose: "Qualcosa contro le formiche" ho detto, facendo capire di avere fretta. Il ragazzo mi ha allungato due scatolette verdi che mi sembravano giocattoli. "Di più, di più" ho protestato. "Voglio qualcosa di più forte". Allora il commesso è tornato con un flacone di cartone su cui c'era lo stemma della morte. Me l'ha dato dicendo: "Ci vada piano". Bingo.
Le istruzioni - dico la verità - le ho lette fino in fondo perché sono una persona coscienziosa: quattro grammi per metro quadro. Ma quando ho visto le mie nemiche fare il giro a quel mucchietto come se niente fosse ho perso la testa. Ho capovolto la scatola e le ho sepolte qui e là con quella polvere: tempo dieci minuti e la fiumana si è esaurita mentre la scatola che tenevo in mano era ormai quasi vuota. Di migliaia che ce n'erano - sorpresa - sul campo sono rimasti solo pochi cadaveri, tanto che mi è venuto il dubbio: dove finiscono le formiche morte? Bah, dettagli. Ho fatto due calcoli e ho stimato che con quel veleno potevo disinfestare il parco Santa Chiara.
"Care formiche, ho vinto" pensavo mentre mi lavavo con cura le mani usando acqua e sapone (come dicevano le istruzioni), facendo attenzione a non contaminare gli alimenti e a non respirare la terribile arma chimica che era rimasta in quantità lì fuori. Ah, che gran cosa la scienza, queste conquiste del progresso che ci liberano dai fastidi di stagione come, ad esempio, le formiche. Questo pensavo nei giorni scorsi quando mi è suonato il campanello (strano, a quell'ora) e ho aperto la porta alla mia vicina. Voleva sapere se avevo visto il suo gatto, quella bestiola simpatica che arrampicandosi chissà dove frequentava anche casa nostra. Oddio no, era da quel giorno che non lo vedevo più. Da domani solo metodi naturali.
Ce ne siamo accorti il giorno dopo quando abbiamo visto le prime sgranchirsi lungo i lati della terrazza. All'inizio erano poche e ho cominciato a ucciderle a sangue freddo una per una con il dito, plic, plic, plic, chiedendomi se fosse quello il modo giusto. Ma più ne schiacciavo - plic - più quelle mandavano rinforzi così ho deciso di adottare il metodo (naturale) del mio amico G., un pacifista di buon carattere che aveva avuto lo stesso guaio un anno prima: "Devi prendere un pezzo di pane e metterglielo vicino così loro stanno lì a mangiare e non ti entrano in casa". L'ho fatto, senza crederci, e me ne sono pentito un'ora dopo quando quel pezzo di pane era diventato una palla nera brulicante di formiche, tanto che quasi gli spuntavano le gambe e se ne andava via da solo.
Qua ci vogliono le maniere forti - mi son detto - ma si era fatto tardi. Le ho foraggiate con un'altra mezza spaccatina e me ne sono andato a lavorare. Al ritorno, col buio, tutto pareva tranquillo, compreso il pane che se ne stava lì abbandonato. E' stato il giorno dopo, all'alba, che si è verificata la catastrofe con due colonne scure che salivano e scendevano lungo il muro, fitte come un'autostrada prima di ferragosto. Allora sono corso in via Rosmini, dove c'è un negozio specializzato in queste cose: "Qualcosa contro le formiche" ho detto, facendo capire di avere fretta. Il ragazzo mi ha allungato due scatolette verdi che mi sembravano giocattoli. "Di più, di più" ho protestato. "Voglio qualcosa di più forte". Allora il commesso è tornato con un flacone di cartone su cui c'era lo stemma della morte. Me l'ha dato dicendo: "Ci vada piano". Bingo.
Le istruzioni - dico la verità - le ho lette fino in fondo perché sono una persona coscienziosa: quattro grammi per metro quadro. Ma quando ho visto le mie nemiche fare il giro a quel mucchietto come se niente fosse ho perso la testa. Ho capovolto la scatola e le ho sepolte qui e là con quella polvere: tempo dieci minuti e la fiumana si è esaurita mentre la scatola che tenevo in mano era ormai quasi vuota. Di migliaia che ce n'erano - sorpresa - sul campo sono rimasti solo pochi cadaveri, tanto che mi è venuto il dubbio: dove finiscono le formiche morte? Bah, dettagli. Ho fatto due calcoli e ho stimato che con quel veleno potevo disinfestare il parco Santa Chiara.
"Care formiche, ho vinto" pensavo mentre mi lavavo con cura le mani usando acqua e sapone (come dicevano le istruzioni), facendo attenzione a non contaminare gli alimenti e a non respirare la terribile arma chimica che era rimasta in quantità lì fuori. Ah, che gran cosa la scienza, queste conquiste del progresso che ci liberano dai fastidi di stagione come, ad esempio, le formiche. Questo pensavo nei giorni scorsi quando mi è suonato il campanello (strano, a quell'ora) e ho aperto la porta alla mia vicina. Voleva sapere se avevo visto il suo gatto, quella bestiola simpatica che arrampicandosi chissà dove frequentava anche casa nostra. Oddio no, era da quel giorno che non lo vedevo più. Da domani solo metodi naturali.
Etichette: story-post
1 Comments:
ciao fuordipalazzo, mi sai dire come si chiama quel prodotto? te ne sarei immensamente grato. a me le formiche stanno rovinando un anno di lavoro nella mia azienda. grazie
By calogero, at 29/6/09 18:56
Posta un commento
<< Home