Eccesso di privacy
Immagina una busta con il tuo nome scritto sopra e un'informazione importante chiusa dentro. Immagina una signorina gentile vestita con un camice bianco che stringe in mano quella busta e potrebbe agevolmente aprirla, leggere il contenuto e comunicarlo a te che al telefono la stai supplicando, magari distante decine o centinaia di chilometri: «La prego signorina M., io sono il signor ansel, titolare di quella busta, la supplico la apra e mi dica cosa c'è scritto dentro, poi verrò a pagare il ticket fino all'ultimo centesimo, glielo giuro. In base a quello che c'è scritto su quel foglietto mi dovrò organizzare la giornata e quindi, per favore, sia gentile, apra quel pezzo di carta e legga. Se vuole essere sicura che io sia veramente io (le giuro che lo sono, a volte sono confuso, ma mai fino a questo punto) le posso dichiarare la mia data di nascita e l'indirizzo. So recitare a memoria il codice fiscale, le potrei dare il mio numero di casa (che compare anche sull'elenco telefonico) così lei mi potrà chiamare per fare la verifica. Insomma, signorina, la prego in ginocchio anche se ora non mi vede, ignori questo sistema di norme assurdamente rigide che ci tiene prigionieri e faccia uno strappo alla regola per me che quando tutto questo sarà finito l'aspetterò fuori dal laboratorio, le offrirò il caffè e le sarò grato a lungo. Apra la busta e mi dica, finalmente, se mio figlio è positivo oppure no alla scarlattina, perché venire lì nel suo laboratorio, nella città caotica, senza nessuno che nel frattempo abbia la possibilità di badare al piccolo sarebbe un bel problema».
Ma la signorina M. è un tipo tosto: «Signore, io non posso liberarmi da questo sistema di regole di cui faccio parte. Venga qui di persona e le darò la busta». Io tento il tutto per tutto: «Signorina, sento che su di lei le mie parole non hanno alcun effetto: parlo con un disco registrato oppure con una donna in carne ed ossa? Glielo chiedo per l'ultima volta: apra la mia busta e legga che c'è scritto!».
Ma lei per tutta risposta si scusa facendomi capire che nel mio interesse - è della mia privacy che stiamo parlando - non aprirà quella busta chiusa perché nessuno (nemmeno lei) ha il diritto di sapere se un bambino di soli due anni può essere portatore di una malattia infettiva. Solo il medico curante potrebbe superare queste barriere con una telefonata (il padre di un bimbo conta meno del dottore, ma questo si sapeva: la lista di chi ci sta davanti è lunga). Purtroppo la pediatra è in ferie e non risponde al cellulare.
La tentazione di portare ugualmente il piccolo untore all'asilo e scatenare un'epidemia estiva è forte - potrei sempre addossare la responsabilità a M. che protetta dal suo sistema di regole non si sentirebbe nemmeno un po' in colpa - e invece usciamo per andare al laboratorio d'analisi in tutta fretta, ritirare il numerino dal distributore automatico, metterci in coda e ritirare quella famosa busta sigillata pagandola 9,90 euro.
Lì allo sportello, di fronte all'odiata M. (anche se non è un fatto personale), apriamo finalmente la busta e sventoliamo il fogliettino. Momenti di "suspense", rullo di tamburi, musica da grande attesa: signore e signori è negativo, nessuno in quest'affollata sala d'aspetto abbia il timore di prendersi la scarlattina da questo angelico bambino. E grazie a tutti per il rispetto della privacy.
Tutto ciò per dire che quando la riservatezza ci serve veramente ci fanno firmare un pacco di fogli in cui espressamente rinunciamo ad ogni diritto per non bloccare il sistema. Quando invece siamo noi a voler rinunciare alla nostra privacy ("la prego, signorina, apra la mia busta e legga") nessuno ci dà ascolto tranne nel caso in cui ci diciamo pronti ad essere bombardati da messaggi pubblicitari. A proposito: qualche tempo fa scrissi un pezzo sulle nuove norme che avrebbero impedito le telefonate commerciali a chi non le richiedeva espressamente. Arrivano lo stesso, non richieste: dei miei dati fan tutti ciò che vogliono, tu sola, signorina M., hai dimostrato di tenere alla mia privacy. Grazie.
Ma la signorina M. è un tipo tosto: «Signore, io non posso liberarmi da questo sistema di regole di cui faccio parte. Venga qui di persona e le darò la busta». Io tento il tutto per tutto: «Signorina, sento che su di lei le mie parole non hanno alcun effetto: parlo con un disco registrato oppure con una donna in carne ed ossa? Glielo chiedo per l'ultima volta: apra la mia busta e legga che c'è scritto!».
Ma lei per tutta risposta si scusa facendomi capire che nel mio interesse - è della mia privacy che stiamo parlando - non aprirà quella busta chiusa perché nessuno (nemmeno lei) ha il diritto di sapere se un bambino di soli due anni può essere portatore di una malattia infettiva. Solo il medico curante potrebbe superare queste barriere con una telefonata (il padre di un bimbo conta meno del dottore, ma questo si sapeva: la lista di chi ci sta davanti è lunga). Purtroppo la pediatra è in ferie e non risponde al cellulare.
La tentazione di portare ugualmente il piccolo untore all'asilo e scatenare un'epidemia estiva è forte - potrei sempre addossare la responsabilità a M. che protetta dal suo sistema di regole non si sentirebbe nemmeno un po' in colpa - e invece usciamo per andare al laboratorio d'analisi in tutta fretta, ritirare il numerino dal distributore automatico, metterci in coda e ritirare quella famosa busta sigillata pagandola 9,90 euro.
Lì allo sportello, di fronte all'odiata M. (anche se non è un fatto personale), apriamo finalmente la busta e sventoliamo il fogliettino. Momenti di "suspense", rullo di tamburi, musica da grande attesa: signore e signori è negativo, nessuno in quest'affollata sala d'aspetto abbia il timore di prendersi la scarlattina da questo angelico bambino. E grazie a tutti per il rispetto della privacy.
Tutto ciò per dire che quando la riservatezza ci serve veramente ci fanno firmare un pacco di fogli in cui espressamente rinunciamo ad ogni diritto per non bloccare il sistema. Quando invece siamo noi a voler rinunciare alla nostra privacy ("la prego, signorina, apra la mia busta e legga") nessuno ci dà ascolto tranne nel caso in cui ci diciamo pronti ad essere bombardati da messaggi pubblicitari. A proposito: qualche tempo fa scrissi un pezzo sulle nuove norme che avrebbero impedito le telefonate commerciali a chi non le richiedeva espressamente. Arrivano lo stesso, non richieste: dei miei dati fan tutti ciò che vogliono, tu sola, signorina M., hai dimostrato di tenere alla mia privacy. Grazie.
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12 Comments:
ultimamente guarda ... scrivo delle mail a persone su indirizzi pubblici tipo blog.....(l'ultima a Sabelli per il suo articolo su Lavarone pubblicato da Adige)e mi ritrovo stampata di domenica nelle lettere!
Sarebbe la stessa cosa come dopo aver scritto questo commento a te, domani lo leggessi sul Trentino, con tanto di nome e cognome in calce!!!
Mahhhh
La privacy (nel mio caso il consenso) è solo una formalità, ti sei scontrato con un eccesso!
By VALE & MISHA, at 9/7/07 16:19
Ma dovevi dire alla signorina che sei un giornalista!
Lei avrebbe capito... per la tua categoria il concetto di privacy è un po' diverso da quello comune :-P
By mariatn, at 10/7/07 09:14
vale&misha: non userò in maniera impropria i tuoi commenti... lo giuro! ;-)
mariatn: eh sì.... noi al diritto alla riservatezza preferiamo di molto il diritto di cronaca!
By ansel, at 11/7/07 14:11
Il mio commento non ha nulla a che fare con questo tuo bellissimo(scrivi moolto bene secondo la mia umile esperienza)e interessantissimo articolo che denuncia un problema sempre più grave e fastidioso:l'eccesso di burocrazia inutile, quando vogliono sapere i c...i tuoi li sanno non c'è da preoccuparsi.
Frugando tra i miei vecchi abiti in occasione di una futura uscita in montagna ho ritrovato un cimelio della mia vita, la vecchia divisa della leva, la mia "folgorina".
Inevitabilmente mi ha fatto ricordare che era il 2 luglio. Questo è il motivo del mio intervento, purtroppo nessuno sa perchè io, e tutti noi, dovremmo ricodarci quella data.
Prego alzate la mano??????hihi
se nessuno lo sa ve lo dirò io con tristezza.....
marzy
By Anonimo, at 14/7/07 14:17
il 2 luglio 1993 c'è stato l'attacco al check point Pasta, morirono tre ragazzi di leva.
onore ai caduti.
purtroppo un'istruzione antipatriottica non favorisce nemmeno il rispetto del sacrificio di queeste giovani vite. Sono morti per la pace......e non pagati
By Anonimo, at 14/7/07 19:46
Marzy: Ci furono 3 morti e 36 feriti tra i militari e un numero imprecisato di vittime tra la popolazione somala.
Il 20 marzo 1994 vennero uccisi a Mogadiscio la giornalista Ilaria Alpi e l'operatore Miran Hrovatin. Stavano indagando sul traffico di armi e rifiuti tossici in Somalia che vedeva coinvolti le nostre istituzioni e il nostro esercito.
Visto che ci siamo ricordiamoli tutti i morti della guerra in Somalia
By eus, at 14/7/07 19:55
Marzy: dimenticavo, siamo stati entrambi a Pisa, tu come paracadutista della folgore io come studentessa di storia. È per questo probabilmente che ci tengo alle precisazioni, chiamiamola deformazione professionale...senza polemica.
By eus, at 14/7/07 20:00
Il 2 luglio 1993 è una data che non mi ricorda nulla, ricordo invece il 13 aprile del 2000 perché un parà venne condannato dal tribunale di Livorno per i maltrattamenti a un somalo... Si chiamava Ercole ma tutti lo ricorderanno per aver visto la sua foto sui giornali... era quello che collegava le palle di un ragazzino africano ai fili elettrici.... chissà se per questo almeno lui era stato pagato...
By Anonimo, at 14/7/07 20:00
Apprezzo molto il tuo commento eus.Hai ragione, ma io nn volevo rendere omaggio all'esercito o alle istituzioni io volevo solo "ringraziare" ricordandoli i tre ragazzi che peraltro non ho conosciuto.
Mi dispiace essere stato frainteso,ammiro molto Ilaria Alpi e Hrovatin e mai mi sarei permesso di considerarli meno importanti.
Se ricordi la folgore salvò la Alpi durante un'improvviso attacco alla sua jeep.
Non mi sarebbe dispiaciuto incontrarti a Pisa visto che sono un appasionato di Storia!!
Ben diverso invece è a mio parere il commento dell'utennte anonimo.
Non puoi trascurare il sacrificio di quei poveri ragazzi che sono stati sbattuti in un inferno per un manipolo di criminali!! Inoltre ercole non era un militare di leva ma bensì un sottufficiale.Me lo ricordo anch'io quel processo, come mi ricordo di Stefano, Andrea e Alessamdro.
Nessuno con questo commento voleva giustificare torture o abusi, omicidi e sporchi affari. Volevo solo ricordare che nel 93 tre ragazzi (di + in tutta ibis) sono morti per assolvere all'obbligo della leva. Sono morti forse per coprire a loro insaputa loschi traffici, sono morti perchè nn aveano il giubbotto anti-proiettile.Mentre nelle loro case gli aspettavano le Mamme, i fratelli, i padri. Che nessuno di loro guadagnava denaro stando là a prendersi le fucilate per portare gli aiuti umanitari. Non credi?? forse glielo dobbiamo un minimo di riconoscenza per la loro "perdita", non pensi di dover ad Alessandro un pò di stima per i suoi sette anni pre-morte di infermità a causa delle ferite riportate a Pasta??
Io si
Marzy
By Anonimo, at 14/7/07 22:08
cmq ero sottotenente alla Folgore nn paracadutista hihihihihi!!!
ciao a tutti!!!essere pignoli è contagioso!!!
marzy
By Anonimo, at 14/7/07 22:34
..Ansel,dove sei? E' da dieci giorni che non posti nulla! Tutto bene?
Io no, sto entrando in astinenza da "fuoridalpalazzo" e "città invisibile"!
By Fabiuz, at 18/7/07 14:24
fabiuz: tranquillo.... è che quando gli altri vanno in ferie chi resta lavora il doppio e.... blogga poco.... porta pazienza... e resta sintonizzato con fiducia... ;-)
P.S. Tutto bene, grazie
By ansel, at 18/7/07 17:59
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