L'invidia della busta paga
Busta paga, oggetto del mistero che cambia di mese in mese in base a una mole di parametri, tanto che è molto difficile trovarne una uguale all'altra e fare confronti. Ma tutte hanno in comune la proprietà di lasciare insoddisfatti i proprietari, secondo una legge non scritta (ma pienamente dimostrata) che mi enunciò una volta un avvocato da quattro soldi che avrebbe avuto maggior fortuna come psicologo: "I soldi, caro mio, danno assuefazione. Che tu prenda dieci, cento o mille è a quel livello che fisserai il livello minimo di sopravvivenza, anche il giorno successivo al tuo ultimo aumento. E se ti capiterà, un giorno, di fare un salto indietro ti sentirai, insopportabilmente, un poveraccio".
Ci pensavo l'altro giorno sfogliando le pagine di un settimanale che ha dedicato la copertina ai salari degli italiani. In questa corsa al rialzo, che non ammette scivoloni, ci sono i poveri veri che giustamente si lamentano perché con 900 euro al mese non riescono a pagare l'affitto di 600 euro e saldare il conto al supermarket. Ma si lamenta l'impiegato da 1.300 euro al mese che si è dovuto comprare a rate l'ultimo modello di telefonino, non sorride il funzionario da 2.000 euro che senza lo stipendio della moglie (part-time) non ce la farebbe e bisogna comprendere, infine, il medico disperato perché un mutuo da 2 mila euro per la sua villa in collina è cosa che gli toglie il sonno anche se ogni mese l'azienda sanitaria gliene versa più del doppio.
La busta paga è relativa. Così l'amministratore di una società pubblico-privata che ogni tanto mi offre un caffè (so quanto guadagna e non faccio nemmeno il gesto di tirare fuori il portafogli) dovrebbe essere soddisfatto dei 100 mila euro che si aggiungono ogni anno al suo stipendio di professionista. E invece si angoscia perché in giro per l'Italia quelli come lui - tutti a capo di società in perdita - prendono almeno il dieci, venti per cento in più: "Ma ti par giusto?".
Chi vi scrive è sottopagato (ovvio!) e raccoglie di tanto in tanto le confidenze di un padre di famiglia che ha il conto in banca in rosso per pagare al figlio l'affitto in una grande città e le rate dell'università privata: "E' l'unico modo al giorno d'oggi per assicurare a un giovane il futuro". E chi non ha i soldi per mantenere i figli nemmeno alle professionali? Fatti loro.
Ci fu un periodo - un paio d'anni fa - in cui ero molto corteggiato perché sul mio computer custodivo (legalmente) un file enorme con i redditi di tutti i trentini. I guadagni dei ricconi finirono sul giornale, ma ai trentini - stupiti, un po' ammirati, forse scandalizzati di fronte ai redditi da capogiro - interessavano in realtà i guadagni del vicino di casa, di sua moglie o del vecchio compagno di scuola che non erano entrati nell'hit parade. Per questo amici e conoscenti mi telefonavano, con fare un po' carbonaro, e mi chiedevano: "Guarda un po' quanto guadagna il Roberto T....". Fu in quel periodo che maturai un corollario da abbinare alla legge dell'insoddisfazione sulla busta paga: "L'importante è guadagnare un po' di più di chi ti sta vicino".
Avevo iniziato con l'avvocaticchio (così lo chiamano i colleghi, ma io non sono d'accordo) che teorizzava l'assuefazione del denaro e voglio concludere con lui e il metodo che adottò per non restarne schiavo: stabilì che avrebbe lasciato ad altri di lavorare il sabato, la domenica e la sera dopo le sette perché il tempo così guadagnato era una cosa che con i soldi non avrebbe potuto mai comprare. Lo incontrate talvolta a spasso per la città, è quello con la borsa un po' lisa ma - almeno lui - non si lamenta.
Ci pensavo l'altro giorno sfogliando le pagine di un settimanale che ha dedicato la copertina ai salari degli italiani. In questa corsa al rialzo, che non ammette scivoloni, ci sono i poveri veri che giustamente si lamentano perché con 900 euro al mese non riescono a pagare l'affitto di 600 euro e saldare il conto al supermarket. Ma si lamenta l'impiegato da 1.300 euro al mese che si è dovuto comprare a rate l'ultimo modello di telefonino, non sorride il funzionario da 2.000 euro che senza lo stipendio della moglie (part-time) non ce la farebbe e bisogna comprendere, infine, il medico disperato perché un mutuo da 2 mila euro per la sua villa in collina è cosa che gli toglie il sonno anche se ogni mese l'azienda sanitaria gliene versa più del doppio.
La busta paga è relativa. Così l'amministratore di una società pubblico-privata che ogni tanto mi offre un caffè (so quanto guadagna e non faccio nemmeno il gesto di tirare fuori il portafogli) dovrebbe essere soddisfatto dei 100 mila euro che si aggiungono ogni anno al suo stipendio di professionista. E invece si angoscia perché in giro per l'Italia quelli come lui - tutti a capo di società in perdita - prendono almeno il dieci, venti per cento in più: "Ma ti par giusto?".
Chi vi scrive è sottopagato (ovvio!) e raccoglie di tanto in tanto le confidenze di un padre di famiglia che ha il conto in banca in rosso per pagare al figlio l'affitto in una grande città e le rate dell'università privata: "E' l'unico modo al giorno d'oggi per assicurare a un giovane il futuro". E chi non ha i soldi per mantenere i figli nemmeno alle professionali? Fatti loro.
Ci fu un periodo - un paio d'anni fa - in cui ero molto corteggiato perché sul mio computer custodivo (legalmente) un file enorme con i redditi di tutti i trentini. I guadagni dei ricconi finirono sul giornale, ma ai trentini - stupiti, un po' ammirati, forse scandalizzati di fronte ai redditi da capogiro - interessavano in realtà i guadagni del vicino di casa, di sua moglie o del vecchio compagno di scuola che non erano entrati nell'hit parade. Per questo amici e conoscenti mi telefonavano, con fare un po' carbonaro, e mi chiedevano: "Guarda un po' quanto guadagna il Roberto T....". Fu in quel periodo che maturai un corollario da abbinare alla legge dell'insoddisfazione sulla busta paga: "L'importante è guadagnare un po' di più di chi ti sta vicino".
Avevo iniziato con l'avvocaticchio (così lo chiamano i colleghi, ma io non sono d'accordo) che teorizzava l'assuefazione del denaro e voglio concludere con lui e il metodo che adottò per non restarne schiavo: stabilì che avrebbe lasciato ad altri di lavorare il sabato, la domenica e la sera dopo le sette perché il tempo così guadagnato era una cosa che con i soldi non avrebbe potuto mai comprare. Lo incontrate talvolta a spasso per la città, è quello con la borsa un po' lisa ma - almeno lui - non si lamenta.
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12 Comments:
vero.. purtroppo molto vero.. quando lavoravo in una tabaccheria edicola evevo gente che si spendeva 100 euro per il cellulare, 50 euro per la ricarica del digitale, 20 euro in gratta e vinci, 20 euro al lotto e altri 20 euro per giornaletti vari e mi diceva con le lacrime agli occhi "sai, è così difficile arrivare a fine mese.." io guardavo la sua spesa sopra il banco e buttavo un occhio fuori al suo Bmw pargheggiato davanti all'edicola... fai fatica ad arrivare a fine mese?!?!!?!?!?!??! chissà come mai!
By Anonimo, at 22/10/07 08:34
Io non mi lamento.
Per quello che mi serve e anche per quello che desidero i soldi li ho (ma probabilmente ho stile di vita e desideri modesti).
By mariatn, at 22/10/07 09:49
così ad occhio e croce mi sa che io guadagno in un anno quello che che un poveraccio sempre in rosso guagagna in sei mesi....devo iniziare a preoccuarmi seriamente o posso continuare a fare finta di niente???
By the brother, at 22/10/07 14:44
ditemi che ieri sera report non vi ha fatto venire il mal di pancia....
By valentina e misha, at 22/10/07 17:46
a me viene il mal di pancia quando guardo il mio stipendio e i prezzi delle case... con lo stipendio del Ministro pure io sarei uscita presto di casa!
Nihal
By Anonimo, at 23/10/07 08:11
parlavo con un signore di 60 anni che mi diceva che ai suoi tempi per comperare una casa per lui e sua moglie che si erano sposati ci ha messo 4 anni interi del suo stipendio... oggi non ne bastano 30!
Ma il ns caro amico Padoa Schioppa ha dato dei bamboccioni a tanti giovani.... anch'io sono per tagliare il cordone ombelicale (ne ho 30 di anni e sono andata a vivere fuori di casa a 21) però potrò vivere in affitto... di fare un mutuo impegnativo con lo stipendio che ho non ci penso minimamente....
ma che razza di vita è? e soprattutto è giusto? tante volte penso ad un figlio, ma continuo a rimandare perchè secondo me costa troppo e non vorrei fargli mancare nulla... non so... penso che avrei da scrivere tutta la mattina su questo argomento
By vale e misha, at 23/10/07 09:47
infatti il problema principale è quello.. leggevo tempo fa che in proporzione ai giorni d'oggi la casa costa 6 annualità di stipendio in più rispetto a vent'anni fa.. questo pensando di non spendere mai un euro del tuo stipendio...
Considerando poi l'enorme aumento del costo dei mutui sembrerebbe più conveniente andare a vivere in affitto ma.... l'affitto è sempre temporaneo e quella che tu consideri casa tua in realtà non lo è.
Vorrei chiedere a Padoa Schioppa perchè invece di chiamarci "bambaccioni" non ci aiuta un po' di più a uscire di casa...
By Anonimo, at 23/10/07 12:59
trent'anni? altri trent'anni per pagare la casa? allora dovete andare a leggere questo
quanto poi ai costi dei figli posso citare il conto dell'asilo nido di settembre che ho appena pagato: 491 euro... BEN SPESI però! ;-)
su col morale!
By ansel, at 23/10/07 23:56
ho letto caro ansel.....
e oltre a riconoscermi in toto in quella lettera ci ho lasciato anche una piccola lacrimuccia...
ma in che razza di paese viviamo?
davvero dovremmo fare una rivoluzione....invece di starcene fermi e zitti come al solito perchè tanto non cambia niente!
io continuo a sperare che grillo faccia cadere qualche testa, tengo le dita incrociate e sono sull'attenti, pronta per qualsiasi cosa....
riprenderci un po' di dignità, no?
By vale e misha, at 24/10/07 08:25
l'ho letto l'ho letto Ansel......
credi che per i miei sia andata diversamente? erano altri tempi e (beati loro) adesso si possono godere la vita più di quanto faccia io adesso che sono giovane e più di quanto potrò fare io, quando e se, arriverò alla loro età.
Se parli con loro però pare che facessero più fatica e più rinunce di noi... è vero che si aveva meno ma si aveva meno perchè non c'era di più.
Il cellulare, per fare un esempio, ai loro tempi non esisteva oggi invece senza cellulare sei fuori dal mondo. Non puoi pensare di lavorare e di stare nella società attuale senza un minimo di cellulare. Anche quelli più semplici almeno una cinquantina di euro ti costano e poi la ricarica la devi fare se vuoi poterlo utilizzare.
Loro si accontentavano di meno? per forza! come fai a desiderare e comprare una cosa che ancora non esiste!
Il "godersi la vita" all'epoca era uscire a mangiare in ristorante: oggi godersi la vita vuol dire potersi permettere di andare a mangiare una pizza!
Ci sono supermercati in cui compri gli alimentari oggi e li paghi a gennaio... siamo arrivati al punto di comprare anche il cibo a rate! Credo che questo sia il segno che il nostro lamentarci dello stipendio prescinda dalla regola del chi più ha più vorrebbe avere... credo che sia più il manifestare che la sussistenza oggi sia un problema per molti.
By Anonimo, at 25/10/07 14:49
Ansel, ho letto la lettera del trentenne disperato perchè non può comprare la casa. Io di anni ne ho un po' di più di trenta, anzi parecchi di più, e la casa, pur non avendo figli, non posso permettermela, anche se ho uno stipendio più che dignitoso. Mi sembra esagerato che a quell'età una persona si disperi perchè deve pagare l'affitto, mi sembra esagerato....forse i giovani di adesso sono stati abituati male? Io penso proprio di si...
By dupont, at 26/10/07 21:41
Ha ragione Dupont: che noia questi poveri!! Se non hanno pane, che mangino brioches, suvvia!!
Comunque, giusto per fare un esempio, sono andato in soffitta e tra le varie cianfrusaglie e alcune esche per topi che non so da dove vengano, ho trovato una copia di un quotidiano trentino (spiacente Ansel, ma è della concorrenza). "Appartamento in casa a schiera Trento nord composto da salone, cucina abitabile, 3 camere, doppi servizi finestrati e ampio giardino. Garage e cantina. 460 milioni di lire" Fonte L'Adige, inserto della domenica Settepiù del 18/11/2001. Sono all'incirca 240.000 euro. Facciamo a finta di aumentarlo a 260.000 per tener conto dell'inflazione, con quella cifra oggi si compera un appartamento molto più modesto di quella specie di reggia del 2001.
Caro Dupont, nel 2001 guadagnavo un milione e ottocentomila lire, ora poco più di mille euro.... vedi tu!
By Fabiuz, at 27/10/07 22:16
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