fuoridalpalazzo

15 gennaio 2007

La verità (scomoda) di Mercalli

Luca Mercalli, l'estate scorsa lei aveva previsto la fine dello sci alpino sotto i 2.000 metri entro vent'anni. Si immaginava già un inverno come questo?
Nessuno può fare previsioni del genere nell'arco di un anno, però osserviamo una tendenza che prosegue da molti anni e che vede la neve in netta diminuzione. E' un problema seguito con molta attenzione anche dai colleghi francesi e svizzeri.
Senza lo sci, almeno a bassa quota, che cosa resterà alla montagna?
Siamo di fronte a cambiamenti globali che vanno affrontati con gli accordi internazionali e non con rimedi locali, ma a livello locale si possono fare due cose: attivarsi per ridurre l'impatto sull'atmosfera e cercare nuovi scenari, facendoci venire nuove idee.
Ad esempio?
Vivendo i problemi della montagna ma anche quelli delle città, partendo dall'esperienza delle ultime annate calde, ho suggerito alla Valle d'Aosta di attrezzarsi per accogliere le persone che in città si trovano oppresse dal caldo estivo: il fresco delle quote più alte può essere una nuova risorsa.
Una risorsa estiva.
Esatto. Le città durante l'estate del 2003 sono diventate delle vere e proprie trappole con migliaia di morti. Parliamo di almeno 30 mila morti in tutta Europa tra la popolazione anziana: non è poco. Gli anziani oltretutto sono in pensione e possono godersi un bel periodo di villeggiatura in montagna. Io non voglio dire che dobbiamo trasformare la montagna in sanatorio, al contrario, ma mettere d'accordo due tendenze: l'aumento della popolazione anziana e l'aumento delle temperature per compensare le perdite in altri settori. Ma non solo: ci sono tante professioni che potrebbero essere svolte in montagna con il telelavoro: tanti lavoratori che potrebbero spostarsi, contribuendo ad un'economia diversa, limitando anche l'uso dei condizionatori nelle città bollenti.
Lei è un sostenitore della decrescita? Ci spiega questo concetto?
Io sono un "simpatizzante" della decrescita, parola che indica la disponibilità a guardare a modelli diversi da quello che stiamo percorrendo. Il termine decrescita - che noi ereditiamo dalla Francia - non vuol dire tornare al medioevo, non vuol dire stare peggio ma significa concentrarsi su quelli che sono i reali bisogni per un benessere che peraltro abbiamo ottenuto negli ultimi cinquant'anni e che sarebbe bello continuare a garantirci, ma distinguendolo da un superfluo che spesso richiede tributi ambientali talora irreversibili.
Si deve decrescere anche in montagna?
Secondo me la montagna ha moltissime chance di elaborare questo modello perché il vissuto della montagna è sempre stato caratterizzato dalla sobrietà. Questo non significa vivere di stenti, soprattutto nelle Alpi Orientali dove le risorse scarse sono state gestite con grande oculatezza.
Il riscaldamento del pianeta lo sperimentiamo tutti, cosa risponde a chi sostiene che si tratta di un ciclo naturale?
Non è facile in una battuta, ma faccio notare che dall'esame dei ghiacci polari abbiamo imparato che l'attuale concentrazione di gas serra nell'atmosfera è la maggiore degli ultimi 700 mila anni: un buon periodo per dire che il clima sta cambiando. E la concentrazione è in continuo aumento.
Lei ha visto il film americano Una verità scomoda?
Sì l'ho visto.
E lo consiglia a chi vuole saperne di più sul riscaldamento della terra?
Sì perché - al di là del grande personaggio che è Al Gore – il film delinea un panorama ampio e scientificamente rigoroso sui problemi da un lato del clima e dall'altro di un'economia troppo ingessata sulle sue posizioni.
Gli americani ne escono come i principali inquinatori.
L'America e l'Australia sono tra i maggiori emettitori di gas serra, ma questo non scagiona noi che - pur avendo un'emissione di gas serra pro capite che è circa la metà rispetto all'America - abbiamo comunque dei comportamenti che purtroppo tendono a mutuare dagli Stati Uniti il lato peggiore. Gli americani hanno tanti difetti ma stanno reagendo, grazie anche all'iniziativa di singoli stati che hanno preso in mano programmi di riduzione delle emissioni veramente significativi, addirittura superiori a quelle che sono le richieste del protocollo di Kyoto, pensiamo alla California. Se poi c'è un governo centrale che non li segue questo è un problema loro. Ma ciò non significa che l'Italia sia un paese virtuoso, tutt'altro: è un paese che in questo momento sta invece scivolando verso il totale disinteresse per quei cambiamenti di rotta che a lungo termine ci possono portare non solo a una riduzione delle emissioni ma soprattutto a una sicurezza energetica: noi siamo un paese privo di risorse energetiche proprie e dovremmo prendere due piccioni con una fava. E' chiaro che chi il petrolio ce l'ha in casa non si metterà ad usare i pannelli solari ma chi non ne ha è bene che cominci fin da subito perché avrà due vantaggi: risolverà almeno in parte il proprio bilancio energetico, ma si troverà anche meglio il giorno in cui il petrolio non sarà più così facilmente reperibile.
Arriverà la neve?
Nei prossimi cinque giorni – cioè il tempo in cui si può fare una previsione meteo attendibile – no.

Luca Mercalli è presidente della Società Meteorologica Italiana