Non riesco a dire "no"
Sul mio comodino ci sono tre libri che ancora non ho letto e prendono la polvere in attesa che qualcuno si occupi di loro. Si intitolano "Luna Park Rwanda", "Leggende dell'Africa" e "Leggende dell'Africa" (esatto, due sono uguali). Me li ha venduti un marocchino (dico così, mi scuserà, anche se è nero e viene dal Senegal) che di tanto in tanto mi attende in via Oss Mazzurana. Mi vede con un fascio di giornali sotto il braccio e fa di me la sua preda preferita. E' tardi, ormai, quando mi accorgo di lui e cerco di allungare il passo per tuffarmi in una via laterale e darmela a gambe. E' tardi, perché lui previene ogni mia mossa, mi abbaglia con un sorriso bianco che gli si allarga nel volto scuro, mi chiude il cammino rapido come un ghepardo quindi mi prende sotto braccio e dice: "Ciao amico, come va?". Disperato raccolgo le forze e cerco di tirare dritto ma con la coda dell'occhio, incuriosito, sbircio i libri che tiene fra le mani, lui se ne accorge e affonda il colpo: "Belli eh? Comprane uno, amico, cinque euro, un vero affare". Provo a spiegargli che libri come quelli li ho già comprati, ma lui non si arrende: "Questo è nuovo amico, di sicuro non ce l'hai". Mi mette in mano uno di quei libri colorati, io lo prendo (errore) e lui si rilassa perché sa che ha vinto. L'ho salutato l'altro giorno con cinque euro in meno nel portafoglio e un altro dei suoi libri. Sul comodino, nella pila dei "non letti", fanno quattro.
Sarà perché non so dire "no" che guardo con un misto di rabbia e invidia quelli che si fanno largo in centro storico avanzando tra la folla dei questuanti come in una giungla col machete. Rabbia perché non è questo il mondo che vorrei, invidia perché bisognerebbe, di tanto in tanto, trovare il coraggio di rifiutare senza comunque abbassare gli occhi, scartare di lato, cambiare strada o tentare la fuga vergognandosi di avere uno stipendio fisso a fine mese.
Quel "no" - così difficile da opporre a chi ha la miseria disegnata sul volto - viene spontaneo per quelli che ti chiedono la firma per la lotta all'aids o contro la fame nel mondo, sapendo che la loro attività si basa su uno sporco trucco: dopo aver scritto di tuo pugno nome e cognome su quel foglio, dopo aver appoggiato la loro causa con tutto te stesso (non è forse il tuo l'ultimo nome della lista?) come puoi rifiutare quei pochi euro che ti chiedono per sostenere la loro attività? E' lo stesso trucco che usano i mendicanti quando ti mettono in mano un oggettino, un fiore o un foglietto con una poesia dicendoti: "E' un regalo" e poi invocano l'elemosina sfruttando il principio della riconoscenza che è naturale negli esseri umani.
Ce ne sono molti in città, come sa bene chi frequenta le strade, fuori dai palazzi, ma i senegalesi sono una categoria a parte: niente trucchi, niente inganni, ciao amico, prendi una collana, un braccialetto e se non vuoi niente dammi almeno i soldi per mangiare. Quelli che vendono gli ombrelli sotto i portici di piazza Duomo sono la categoria più misteriosa. Compaiono tempestivi mentre scendono le prime gocce di pioggia, se li assumessero a Meteotrentino la qualità delle previsioni avrebbe un'impennata, ma la domanda è questa: dove si nascondono, con i loro ombrelli, quando splende il sole? Il prezzo è onesto: cinque euro quelli piccoli, il doppio quelli grandi eppure c'è chi si ferma a contrattare, penso solo per il gusto di far vedere chi è il più forte in una sfida ad armi impari. Ce n'è stato uno - l'ho visto di persona - che si è portato via un ombrello grande per otto euro dopo una trattativa di dieci minuti. Così l'altro giorno, quando pioveva a dirotto e per rientrare a casa asciutto ho deciso di diventare cliente dei senegalesi, mi sono avvicinato fiducioso, stringendo in tasca una banconota da dieci euro, deciso ad arrivare ad otto: "Se ce l'ha fatta quello posso riuscirci anch'io" pensavo. Quando mi hanno visto col cappuccio in testa e le spalle bagnate mi hanno allungato veloci i loro ombrelli, grandi e piccoli. "Questo qui" ho detto, indicandone uno grande a quadrati scozzesi. "Quanto fa?". "Dodici euro". "Ma come - ho protestato - fino all'altro giorno erano dieci...". Lui mi ha guardato e ha allargato il suo sorriso bianco: "Sì, amico, ma non vedi oggi come piove?". Non faceva una grinza, ho guardato la piazza bagnata, ho tirato fuori i soldi e sono corso via sconfitto.
Sarà perché non so dire "no" che guardo con un misto di rabbia e invidia quelli che si fanno largo in centro storico avanzando tra la folla dei questuanti come in una giungla col machete. Rabbia perché non è questo il mondo che vorrei, invidia perché bisognerebbe, di tanto in tanto, trovare il coraggio di rifiutare senza comunque abbassare gli occhi, scartare di lato, cambiare strada o tentare la fuga vergognandosi di avere uno stipendio fisso a fine mese.
Quel "no" - così difficile da opporre a chi ha la miseria disegnata sul volto - viene spontaneo per quelli che ti chiedono la firma per la lotta all'aids o contro la fame nel mondo, sapendo che la loro attività si basa su uno sporco trucco: dopo aver scritto di tuo pugno nome e cognome su quel foglio, dopo aver appoggiato la loro causa con tutto te stesso (non è forse il tuo l'ultimo nome della lista?) come puoi rifiutare quei pochi euro che ti chiedono per sostenere la loro attività? E' lo stesso trucco che usano i mendicanti quando ti mettono in mano un oggettino, un fiore o un foglietto con una poesia dicendoti: "E' un regalo" e poi invocano l'elemosina sfruttando il principio della riconoscenza che è naturale negli esseri umani.
Ce ne sono molti in città, come sa bene chi frequenta le strade, fuori dai palazzi, ma i senegalesi sono una categoria a parte: niente trucchi, niente inganni, ciao amico, prendi una collana, un braccialetto e se non vuoi niente dammi almeno i soldi per mangiare. Quelli che vendono gli ombrelli sotto i portici di piazza Duomo sono la categoria più misteriosa. Compaiono tempestivi mentre scendono le prime gocce di pioggia, se li assumessero a Meteotrentino la qualità delle previsioni avrebbe un'impennata, ma la domanda è questa: dove si nascondono, con i loro ombrelli, quando splende il sole? Il prezzo è onesto: cinque euro quelli piccoli, il doppio quelli grandi eppure c'è chi si ferma a contrattare, penso solo per il gusto di far vedere chi è il più forte in una sfida ad armi impari. Ce n'è stato uno - l'ho visto di persona - che si è portato via un ombrello grande per otto euro dopo una trattativa di dieci minuti. Così l'altro giorno, quando pioveva a dirotto e per rientrare a casa asciutto ho deciso di diventare cliente dei senegalesi, mi sono avvicinato fiducioso, stringendo in tasca una banconota da dieci euro, deciso ad arrivare ad otto: "Se ce l'ha fatta quello posso riuscirci anch'io" pensavo. Quando mi hanno visto col cappuccio in testa e le spalle bagnate mi hanno allungato veloci i loro ombrelli, grandi e piccoli. "Questo qui" ho detto, indicandone uno grande a quadrati scozzesi. "Quanto fa?". "Dodici euro". "Ma come - ho protestato - fino all'altro giorno erano dieci...". Lui mi ha guardato e ha allargato il suo sorriso bianco: "Sì, amico, ma non vedi oggi come piove?". Non faceva una grinza, ho guardato la piazza bagnata, ho tirato fuori i soldi e sono corso via sconfitto.
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