Era la notte fra l'8 e il 9 giugno del 2006 e in cielo splendeva il sole. Almeno per lo strano equipaggio che a bordo di un camper procedeva verso nord a 75 gradi di latitudine o su di lí. Erano in tre e pur non avendo mai messo piede su una barca avevano preso il vizio di chiamarsi come se fossero i membri di una ciurma, abituati com'erano ad organizzare vacanze in cui c'era da sgobbare dall'alba al tramonto. C'era il capitano e c'era il mozzo che in realtà erano pari in tutto, tranne per un potere, l'unico, che l'alto ufficiale un giorno aveva voluto trattenere per sé: quello di decidere qual'era la strada giusta da imboccare di fronte a un bivio ambiguo. Il mozzo sul punto non aveva protestato, aveva accolto anzi la novità con una sensazione di sollievo.
Alla coppia di viandanti si era unito negli anni un marinaio in erba al quale venne assegnato il grado di mozzo (se son rose fioriranno, si erano detti i due marinai esperti) e venne soprannominato "il mozzo piccolo" per distinguerlo con facilità dal collega anziano durante le manovre.
Era la notte fra l'8 e il 9 giugno 2006 (e in cielo splendeva il sole) quando il capitano, il mozzo grande e il mozzo piccolo procedevano verso nord alla scoperta del circolo polare artico. Il capitano era al volante - con un navigatore satellitare taroccato in una mano e un atlante stradale nell'altra - impegnato nella ricerca di un posto adatto per l'attracco. Il mozzo grande e il giovane collega erano sottocoperta a recuperare le forze per la giornata successiva.
In quella notte assolata il capitano era nervoso. Cercava, inquieto, un luogo che doveva essere superiore per qualità, bellezza e fascino ai tanti già sperimentati in quel lungo viaggio, ogni giorno uno diverso. Lo voleva indimenticabile e tale l'avrebbe trovato. Inutile chiedergli il perché, lo sapeva bene lui qual'era il motivo di una ricerca tanto affannosa da apparire quasi disperata.
Passò mezzanotte, poi l'una, le due quando il capitano, che ancora non aveva trovato nulla all'altezza dei suoi sogni, si chiese: quand'è il momento di fermarsi in una notte senza inizio e senza fine? Il contachilometri girava senza sosta, la lancetta del gasolio toccava ormai la linea rossa quando un cervo dalle corna immense attraversò la strada senza fretta. Il capitano lo vide quand'era ormai vicino e prima ancora di frenare - sapendolo cervo, perché come lui sulle montagne di casa ne aveva visti molti - decise all'unanimità che era una renna. Quindi si attaccò ai freni e mezzo secondo dopo sorrise felice per aver salvato la vita di una renna.
L'ebbrezza durò un attimo appena. Da là dietro la voce del mozzo grande superò il rumore di padelle e posate che sbattevano negli armadietti: ma dove siamo? chiese, seguita dal pianto disperato del mozzo piccolo, svegliato di soprassalto nel bel mezzo di un sogno che prometteva molto bene.
Il capitano, esausto e sconsolato, decise che nonostante il sole giunta era la notte: azionò la freccia destra e si rassegnò a dormire nel peggior posto mai toccato, compreso l'albergo greco dove lui e il mozzo grande avevano riposato tenendo addosso le tute della moto. In quell'estate il mozzo piccolo ancora non era in cantiere (o forse sì).
Parcheggiò il camper ("maledetto camper!") a lato della strada, tirò tutte le tende alla ricerca di un po` di oscurità e si coricò accanto a suoi due mozzi che erano tornati silenziosi. Domani - si disse - sarà una gran giornata.
Si svegliò, come al solito, per il trambusto provocato dai due mozzi e superato il disorientamento di chi si alza ogni mattina in un luogo diverso, gli venne in mente che in quel giorno qualcosa gli era dovuto. Studiò con attenzione il comportamento del mozzo grande che - vista l'occasione - era del tutto anomalo. Poiché il capitano era un ottimista pensò: avrà in serbo qualcosa di speciale. Ma nulla accadde e questo gli fece montare la rabbia. Era quasi ora di levare le tende quando il mozzo grande, incuriosito dall'impegno con cui l'ufficiale armeggiava con il suo telefonino, gli chiese: ma chi ti manda tutti quei messaggi? Risposta: la mia amante che mi augura buon compleanno. Il mozzo grande era un tipo svelto e non si perse d'animo: dev'essere una tipa sveglia, capitano, visto che compi gli anni tra due giorni. La sicurezza del capitano venne meno, tre settimane in giro per la Scandinavia potevano averlo messo in crisi, quasi sperò di essersi sbagliato, sarebbe stato dolce ritrovare la fiducia nel suo mozzo, ma gli bastò un'occhiata alle carte di bordo per trovare conferma di quanto già sapeva: il giorno era quello giusto e il suo equipaggio se n'era dimenticato.
Ne seguì un piccolo processo, con il mozzo che sosteneva di essersi appuntato l'evento su un'agenda difettosa. Ma l'agenda non saltava fuori e il capitano perse la pazienza: bene, dov'è il mio regalo? Quando sarà il momento l'avrai, disse il mozzo che non voleva ammettere l'errore.
Il capitano infilò la porta del camper e si allontanò depresso verso la palude cupa dove si erano accampati. Stava lì pensieroso, seduto su un sasso di granito, quando vide un'ombra traballante allungarsi sull'acqua ferma. Si voltò ed ecco il mozzo piccolo avanzare con i passi incerti dei suoi dodici mesi. In una mano teneva un croissant rinsecchito, nell'altra una candelina anti zanzare mezza consumata. Fece due passi ancora finché, giunto vicino al comandante, imbeccato da chissà chi, disse: papà!
Il capitano ne fu molto commosso. Accese la candelina puzzolente, divise il croissant in parti diseguali e promosse il piccolo sul campo al grado di nostromo. Il mozzo grande invece no, stette punito ancora un paio d'ore, poi basta: c'erano tremila chilometri da percorrere per tornare a casa. Meglio evitare le polemiche.
Ps: buongiorno a tutti, è il capitano che vi parla, siamo in Corsica, località Bocca dell'Oro, a sud di Porto Vecchio, cielo sereno, 28 gradi, mare calmo o poco mosso. Quando leggerete questo messaggio io starò festeggiando il compleanno in riva al mare con il mozzo grande e il piccolo nostromo che nel frattempo ha imparato a dire auguri. Basta sorprese, l'equipaggio è stato istruito a dovere. E per non sbagliare ecco l'annuncio anche sul blog, grazie al fido Aigor incaricato di pubblicare fuoridalpalazzo testi e scarpe sperando che, con le chiavi di casa in mano, non si prenda troppe libertà. Quello che non vi ha detto, Aigor, è che non posso vedere i commenti né rispondere: il mio gestore telefonico e il suo socio francese ne sarebbero felici, il mio conto in banca molto meno.
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