fuoridalpalazzo

29 novembre 2007

Questione di stile

Sono qui che mi concedo una fetta di pane tostato con il miele, leggendo la Repubblica fresca di stampa ed ecco che l'occhio mi cade su un articolo di Alessandra Longo che passando al setaccio le cronache politiche dei giornali locali ha trovato queste perle di eleganza, registrate in consiglio comunale a Padova. Non resisto, prendo la macchina fotografica, le voglio condividere (cliccare sulla foto per vederla ingrandita).

articolo repubblica

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26 novembre 2007

I sommelier del latte

sommelier del latteUna nuova categoria di sommelier sta crescendo accanto agli esperti del vino che da anni popolano il Trentino: i degustatori del latte crudo. Si possono trovare, armati di bottiglia a collo largo, a nord della città, preferibilmente la sera quando cala il sole e arriva da Aldeno il furgone carico di un centinaio di litri di latte appena munto. Non basta lo sconto (un euro al litro, quando il latte d'alta qualità ne costa in negozio 1,26) a spiegare perché un padre di famiglia prende l'auto e va in periferia a fare il pieno al distributore automatico. E' più probabilmente una reazione allo scippo dell'industria che per anni ci ha fatto credere che il latte sia un prodotto asettico che chissà come esce dalla centrale finito, inscatolato, sterilizzato e senza grassi. Al distributore invece no: si tratta forse del metodo d'acquisto che più avvicina il consumatore alle mammelle della vacca, ad eccezione della stalla che - diciamo la verità - con il suo odore di letame, lo sporco e d'estate anche le mosche farebbe passare l'entusiasmo anche alla naturalista più convinta.
C'è chi, riempita la bottiglia, assaggia subito il prodotto e nonostante sia gelido per esigenze sanitarie si lascia andare e commenta: «Senti, senti che bontà, è ancora caldo!». E poi, magari, il sommelier del latte si spinge oltre commentando l'aroma delle erbe che, dice, percepisce sul palato assaporando l'alimento (non chiamatelo bevanda).
Non deludete mai un sognatore nel pieno della sua attività, ma se in un giorno di novembre sentite un giudizio del genere ("senti l'erba!") sappiate che è falso perché le mucche stanno nella stalla dalla mattina alla sera e quello che mangiano sa di erba molto, ma molto alla lontana. Di erba, e fieno fragrante ne riparliamo quest'estate.
Al sommelier del latte, mentre misura la quantità di grasso (panna!) che gli resta sul palato, lasciate invece la soddisfazione di sapere, lui sì, che cosa beve: il miglior latte in vendita in Trentino è garantito "made in provincia di Trento". Lui invece sa da che stalla viene, forse ci ha portato i figli in visita, e in fondo gli piace immaginare anche la mucca che l'ha prodotto, sia la Sandra, la Helbe o la Rossella.
Sarà una moda, ma c'è gente che si credeva intollerante al latte (pfui, quell'alimento per poppanti) per poi improvvisarsi bianco sommelier, con l'unica controindicazione di correre al gabinetto alla fine di una degustazione troppo abbondante per un improvviso mal di pancia.
Non chiedete mai all'agricoltore se il suo latte (venduto come mucca l'ha fatto, sebbene raffreddato al volo) sia sicuro: «Ma certo - vi risponderà - non è così che sono stati allevati i nostri nonni?». Dimenticherà però di dirvi, perché ormai non ci pensa più, che i nostri nonni morivano quando non avevano nemmeno settant'anni, più o meno quando noi ora andiamo in pensione, spesso dopo una vita di acciacchi passata a mangiare latte e polenta. Se volete togliervi il dubbio rivolgetevi quindi all'agronomo o al veterinario e vi spiegheranno che se la mucca è sana (e lo è perché viene visitata due volte al mese) non c'è problema, basta consumare il latte quand'è fresco prima che cominci a trasformarsi. Chi non se la sente può bollirlo, ma allora (dopo che sono stati uccisi i fermenti che lo rendono vivo) non ha più senso procurarsi il latte appena munto.
Chissà se i bambini che accompagnano i sommelier del latte a fare il pieno credono che il latte sia il prodotto di un distributore automatico, di certo quando cresceranno si renderanno conto che finché vanno a prenderlo a Trento nord non ci saranno camion che portano latte pastorizzato, sterilizzato, scremato o addirittura liofilizzato dalla Germania o dalla pianura padana a bordo di tir che attraversano le Alpi, avanti e indietro. Non ci saranno tonnellate di plastica, vetro o cartone da raccogliere e (quando va bene) da riciclare, ma soprattutto finché gli allevatori guadagneranno un euro per ogni litro di latte (e non 45 centesimi, o ancora meno, come li pagano le industrie) nelle stalle trentine ci saranno mucche e l'estate i bambini potranno andare sui prati per capire - finalmente - da dove viene il latte.

Post scriptum. Per i lettori più attenti: non è un caso se la fotografia mi ritrae mentre brindo, sebbene con un calice pieno di latte: oggi infatti fuoridalpalazzo! compie un anno. Era il 26 novembre dell'anno scorso quando inviai il primo post con le camper nuove di zecca. Poco è cambiato: oggi ho acquistato i lacci nuovi per le camper (sono lunghi 140 centimetri: una rarità), le ho rimesse in sesto con un po' di lucido per scarpe ed eccole pronte di nuovo per esplorare il mondo. Di suola da consumare ce n'è ancora.
Scrivo molto meno di un anno fa, questo è vero, ma internet è già molto affollata, le idee si perdono, meglio scrivere solo quando si ha qualcosa da dire. In compenso ho messo in evidenza il feed rss, in alto nella colonna di destra, per chi non ha tempo da perdere e vuole collegarsi a fuoridalpalazzo! solo quando ho inviato un nuovo post. Non sai cos'è un feed rss? Dai un'occhiata QUI.
Dimenticavo: grazie per le 49.328 visite!

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18 novembre 2007

C'è da spostare il Natale

C'è una consulenza segreta in materia di turismo che giace nei cassetti di albergatori, impiantisti e qualche politico e che nessuno ha avuto il coraggio, ancora, di tirare fuori tant'è scottante quello che ci sta scritto sopra. Si erano rivolti al grande esperto, un tipo famoso che si esprime solo previa compenso dopo una carriera costruita girando il mondo con i soldi pubblici, si erano rivolti a lui per chiedergli come risolvere la scottante situazione che vede i turisti del Natale prendere l'aereo e volare a poco prezzo in Egitto o in Tunisia per salutare il freddo proprio quando si fa più pungente. "Lui ci dirà - pensarono - come venirne fuori".
E il responso arrivò, puntuale, contenuto in un tomo di 500 pagine che come (quasi) tutte le prestigiose consulenze dicevano cose che (quasi) tutti già sapevano: "Abbiamo sconfessato i profeti delle catastrofi climatiche facendoci la neve in casa" esordiva il luminare. "Abbiamo rimediato alle corte giornate invernali installando sulle piste l'illuminazione artificiale, abbiamo spianato le piste da sci dove i turisti si lamentavano perché c'erano troppe gobbe. Quando ci siamo accorti che la velocità era aumentata abbiamo montato chilometri di reti rosse per evitare che gli sciatori volassero fuori pista (per poi chiedere i danni) e abbiamo costruito bar con musica e alcolici ad ogni cambio di pendenza per non lasciare mai soli i nostri ospiti. Volevano le saune finlandesi e li abbiamo accontentati, volevano il bagno turco e abbiamo deciso di adeguarci, volevano le gite in motoslitta anche di notte e ci siamo fatti trovare pronti, volevano sciare dalla mattina a sera senza mai ripetere nemmeno una volta la stessa pista e per rendere possibile questo sogno abbiamo tirato le funi degli impianti da una vallata all'altra del comprensorio dolomitico. Ma tutto questo pare non basti perché senza la neve, quella vera che scende dal cielo e rende magico il paesaggio, proprio quella che i profeti del meteo annunciano sempre più rara sotto i 2 mila metri di quota i turisti storcono il naso e tentennano.
Leggendo queste righe i committenti furono presi dallo sconforto: tutte cose già note, dette e ripetute, senza uno straccio di soluzione per risolvere il problema. Così saltarono alle conclusioni dove scoprirono che il problema vero era il Natale, questo periodo cupo - almeno su in montagna - con le giornate più corte dell'anno, il termometro in picchiata e troppe feste concentrate in pochi giorni, tra Natale, Santo Stefano, San Silvestro e la Befana: uno spreco intollerabile in tempi magri come quelli in cui viviamo. Senza contare che la neve - scherzo del destino o per chi crede nella scienza: processione equinoziale - tarda sempre più, facendosi vedere quando le feste sono ormai passate. Insomma, concludeva l'espertone, se si potesse spostare il Natale a febbraio, mese ideale per le vacanze con il sole che tramonta tardi la sera, le cime coperte di abbondante coltre bianca e l'aria già più tiepida, sarebbe molto più facile convincere i turisti a trascorrere le feste su in montagna.
Essendo un tipo previdente il consulente metteva già le mani avanti: non si creda che sia poi questo grande scandalo: ci siamo ormai abituati a spostare la lancetta avanti di un'ora per risparmiare energia elettrica, non ci vorrà nulla a mettersi tutti d'accordo e istituire oltre all'ora legale anche il Natale legale con data 25 febbraio o giù di lì. E ancora: che saranno mai duemila anni di tradizione di fronte alle sorti del turismo invernale che mantiene tante persone? Tanto più - conclude lo studio - che un rapido sondaggio ci informa che la maggior parte dei giovani non conosce più l'origine della festa natalizia, quindi una data vale l'altra e febbraio sarebbe un mese assai gradito, soprattutto per le donne, sempre così freddolose.
I committenti si guardarono - qualcuno in realtà un po' tentato - e decisero che di cambiare posto al Natale in realtà non se la sentivano. Non erano abituati a fermarsi di fronte a proposte originali, il progresso non si arresta, ma il super-esperto li trovò comunque spiazzati. Il Natale per quest'anno resta il 25 dicembre, l'anno prossimo chissà, lo si vedrà.

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10 novembre 2007

Piede pesante

 bmw k100rs 16v
Leggo che un signore di 83 anni è stato fotografato sull'autostrada A4 mentre correva a 257 all'ora al volante di una Porsche: "Mi manca la sensibilità all'arto inferiore destro, così mi capita di avere il piede un po' pesante" ha detto agli agenti quando si è presentato per confessare il suo misfatto, un po' zoppicante, con un bastone per aiutarsi a camminare. La notizia non mi stupisce affatto: di nonnini semi-infermi che sfrecciano sulle autostrade italiane sono pieni i verbali della polizia stradale. Vengono tutti puniti con grande severità: via i punti dalla patente, se serve gliela sospendono pure.
Anche mia nonna - quand'era ancora in vita - amava molto correre ma non con l'auto (troppo facile!) bensì su due ruote: nella foto qui sopra vedete una fotografia del contachilometri della mia ex motocicletta (l'ultima, non la penultima che non ho mai dimenticato) scattata a quasi 200 all'ora sulla statale della Valsugana. Erano bei tempi quelli, poi ho deciso di venderla pubblicando questo annuncio e ora la velocità massima che mi capita di raggiungere con il vento tra i capelli è questa. Ma quando avrò 83 anni (e prima o poi li avrò, almeno spero, con o senza Porsche) mi toglierò anch'io la soddisfazione di presentarmi alla polizia stradale e dire con grande faccia tosta: "Eccomi qui, sono io il grande pilota". I miei nipoti me ne saranno grati.

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06 novembre 2007

L'inceneritore domestico

scarpe camper sulla legnaHo un inceneritore in casa e nemmeno lo sapevo. L'ho scoperto l'altro giorno guardando il telegiornale regionale quando, con un occhio al cielo nuvoloso e l'altro al termometro in picchiata già mi preparavo a “stizar”, cioè ad attizzare il fuoco anche se il termine italiano non rende l'idea delle sensazioni che stanno dietro il semplice gesto di accendere la stufa. Sullo schermo c'era un assessore della provincia di Bolzano che spiegava come le stufe a legna siano tra le principali fonti di polveri sottili, di non bruciare cartacce o altri rifiuti perché producono – orrore! – diossina, di andarci piano con la legna verde e di chiamare lo spazzacamino per tenere in ordine la canna fumaria.
Dico la verità: ho avuto una reazione di protesta. Già ci hanno tolto il piacere di friggere nel burro perché i grassi animali ci tappano le arterie, già ci hanno levato la soddisfazione di ubriacarci con la grappa distillata in cantina perché l'alcol domestico è velenoso, se ci spengono anche la stufa o il caminetto che ci resta? In anticipo sui tempi ne avevano già parlato – proprio sulle pagine del Trentino – Mauro Marcantoni e Mauro Colaone: il primo lanciando l'allarme contro le “fornelle” che affumicano i paesi di montagna, il secondo prendendo le difese del riscaldamento a legna moderno e quindi pulito. Mentre alimento l'inceneritore che ho installato qui in soggiorno chiarirò da che parte sto. Questo pezzo di faggio che ora infilerò nella mia stufa danese (e tutti i suoi fratelli che si seccano in terrazza) per l'ambiente ha già fatto molto quando era un albero, assorbendo l'anidride carbonica presente in atmosfera. Ora brucerà, liberando in cielo molecole di Co2, ma non farà altro che pareggiare il conto: non date la colpa a lui se aumentano i gas serra. Inoltre finché ci sarà qualcuno che andrà a tagliare faggi e abeti nei boschi trentini (che sono la metà del territorio provinciale) state sicuri che la montagna resterà, come si dice, coltivata. E le polveri? Legna molto secca, stufe moderne, una certa dose di esperienza per limitare il fumo al momento fatidico dell'accensione, camini efficienti, nel caso di grossi impianti metteteci pure un filtro, aiuteranno a ridurre il fenomeno. Ma sono ben altri i motivi per cui dedico alla mia stufa il pezzo domenicale. Chi si scalda a legna – come il macchinista che gettava palate di carbone nella locomotiva a vapore – ha un'idea piuttosto precisa di quanto costi l'energia. Chi tra di noi sa cosa sono esattamente mille metri cubi di gas metano? Chi sa da dove vengono? Quando leggo il contatore immagino vagamente un'enorme caverna sotto le steppe della Russia e un tubo lunghissimo che arriva fino a casa mia con il rubinetto distante, purtroppo, migliaia di chilometri (anche se facciamo finta che i padroni siamo noi). La legna invece no: ci metto tre giorni ad impilarla d'autunno, la guardo mentre si contorce sotto il sole, la porto in casa quand'è secca, la infilo un pezzo alla volta nella stufa e poi me ne sto lì a guardare la fabbrica del calore mentre lavora a pieno regime liberando un buon profumo. So che ci sono dei filmati in cui si vede un fuoco che arde nel caminetto. Non mi risulta che ne abbiano prodotti, invece, con la fiammella blu del metano come protagonista: un motivo ci sarà. Nei giorni più freddi di gennaio salgo le scale due o tre volte al giorno con il cestone in mano e guardo – preoccupato – la pila che scende a vista d'occhio. Allora invece di girare distrattamente la manopola del termostato ci infiliamo un maglione e chi ha più freddo si fa sotto la stufa, quasi l'abbraccia: tra le sue forme tonde e un termosifone spigoloso non ho dubbi.
Ma quel telegiornale non l'ho guardato invano: delle emissioni del mio inceneritore mi voglio far carico quindi sono salito al piano superiore e da una finestrella aperta sul tetto ho dato un'occhiata ai camini. Bisogna essere onesti: quello del gas era come nuovo, quello della stufa nero come il carbone. Allora ho telefonato in Comune per chiedere i numeri degli spazzacamini, me ne hanno dati una decina e li ho chiamati tutti: la maggior parte aveva cambiato mestiere, gli unici due rimasti avevano un buco libero a novembre e un altro a dicembre. Domani andrò all'Obi a comprare uno spazzolone telescopico, quindi mi infilerò l'imbrago da montagna e farò da me. Male che vada avrò una disavventura da raccontare una delle prossime domeniche.

P.S. nel frattempo mi sono cimentato come spazzacamino... e qui potete vedere il RISULTATO.

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