fuoridalpalazzo

26 febbraio 2008

Vacanze da incubo

Con lo stesso spirito con cui a Ferragosto accendo il televisore per guardare le code dei turisti in autostrada, ieri ho preso in mano il catalogo di viaggi e vacanze che un'agenzia trentina mi ha spedito. Mi credono un cliente e due o tre volte l'anno mi sottopongono le loro proposte per conoscere il mondo, mangiare cibi nuovi o rilassarmi. Così, con quei due libretti colorati in mano, mi sono seduto in poltrona a fantasticare su quante cose potrei vedere se decidessi di affidarmi – finalmente – ad un professionista. Tra quelle pagine scritte in un linguaggio strano ce n'è veramente per tutti i gusti: potrei riposarmi nei dintorni di Ischia (restando distante però qualche chilometro), passeggiando in un lussureggiante parco e mangiando a pranzo e cena menu disintossicanti. Girando pagina mi sono visto a Milano Marittima, in un albergo familiare, su una terrazza ombreggiata da pini secolari, dotata (addirittura) di panchine e tavoli dove avrei potuto sorseggiare in totale tranquillità niente meno che un aperitivo, sapendo che a cena avrei sempre potuto contare su piatti internazionali tipici romagnoli (?).
Poiché non mi piace affidarmi al caso ho scartato l'hotel di Igea marina dove alcune camere hanno la vista mare, sapendo che quelle stanze finiscono sempre ai vicini. L'albergo-club di Gabicce mare l'ho depennato dalla lista perché temevo di restare vittima di quelle “piacevoli sorprese come serate a tema con piatti e ambientazioni speciali ed originali”. Conosco i miei limiti e so che non reggerei all'emozione di essere chiamato sul palco da un animatore vestito da Capitan Uncino.
Passando per hotel che offrono televisori piatti anche nei bagni e altri che promettono phon professionali oppure box doccia multifunzione mi sono imbattuto in una struttura che non deve saperne molto di bambini, visto che il piatto forte del baby-menu era il passato di verdure. Ora so che a Tortoreto Lido posso contare su “una colazione rinforzata dolce e salata”, che a Giulianova c'è una non meglio precisata “Bambinopoli” e la sera posso abbassare le saracinesche elettriche proprio come se fossi il titolare di un negozio. Tra alberghi in posizione splendida o comunque molto favorevole, strutture che offrono l'acqua minerale gratis ai pasti (ma solo mezzo litro, poi scatta il ticket) ho scoperto che all'estero – dove offrono sempre qualcosa in più – potrei contare addirittura sulla Biberoneria, forse un posto dove si servono ottimi drink nel biberon.
Un po' disorientato mi son detto che la vacanza sedentaria sarà anche comoda, ma preferivo un viaggio itinerante alla scoperta di nuovi orizzonti. Nessun problema: ecco per me l'altro libretto, che la mia agenzia di fiducia ha dedicato ai viaggi in Europa e nel Mondo. In pullman. Se solo non fossi così pigro potrei salire in corriera a Trento il venerdì, visitare Atene e tornare a casa il martedì: un viaggio lampo che prevede quattro giorni di trasferimento (traghetto compreso) e una giornata dedicata alla capitale greca al modico prezzo di 689 euro, escluse le slot machine che troverò sul traghetto per ingannare il tempo durante le due notti a bordo.
Patti chiari e amicizia lunga: i posti sul pullman (vedi regolamento) si decidono al momento dell'iscrizione e poi è vietato cambiarli, nemmeno se farete parte dell'ardimentosa pattuglia che il 9 agosto partirà da piazza Dante diretta in Norvegia per una corsa di nove giorni che darà il diritto di dichiarare: “Ho visto i fiordi”. Si tratta di un viaggio di oltre 5 mila chilometri, insomma come andare da Trento a Roma ogni giorno, mangiando all'autogrill, ma poiché in mezzo ci sono anche i traghetti scandinavi il prezzo lievita a 1.699 euro (che è pur sempre meno di 1.700). Se volessi qualcosa di più avventuroso potrei fare Trento-Vienna-Bratislava-Budapest-Trento in quattro giorni, sempre in pullman, sempre a posti fissi. Quando ho letto che l'organizzatore mi garantiva un “giro orientativo della splendida capitale austriaca” ho chiuso il libretto spaventato: anche quest'anno si andrà allo sbaraglio, perché una vacanza da incubo riusciamo ad organizzarla benissimo da soli.

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25 febbraio 2008

Punti di vista

Capita talvolta, in questa periferia estrema dell'Italia, così lontana dai luoghi che veramente contano, di porsi dei dubbi, soprattutto quando uno che non vedevi da un po' di tempo ti incontra e dice: che ci fai ancora qui in culo al mondo, invece di essere a Milano? E allora ti chiedi: dovrei allargare i miei orizzonti? essere di vedute più larghe? guardare più lontano? Questa mattina alle 7 e 30 mi interrogavo su questi temi cercando di vederci chiaro. Ho fermato l'auto, ho scattato una fotografia e mi sono dato una risposta. Una soluzione buona per tutti non c'è. E' questione di punti di vista.

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18 febbraio 2008

Il prezzo di un figlio

Sarebbe una gran comodità acquistare i figli al supermercato, invece che al reparto di maternità, ma ci sarebbe una controindicazione in grado di scoraggiare anche le coppie più motivate: il prezzo. I piccoli starebbero lì, sugli scaffali del reparto infanzia, biondi, mori, chiari e scuri, con una targhetta attorno al polso, come quella delle ostetriche ma con una differenza: invece del nome ci sarebbe scritto sopra 200 mila euro. Questo è il prezzo giusto secondo un docente universitario fiorentino che al tema dedicò una ricerca. Gli unici a non stupirsi sono i padri separati che sanno bene quanto versano ogni mese su ordine del giudice (almeno quelli onesti) per il mantenimento dei figlioli finché non saranno in grado di badare a sé stessi. Di buono c’è che il conto non si salda alla consegna (e chi se lo potrebbe permettere?) ma in comode rate che concedono all’acquirente un respiro sufficiente per pensare di avere fatto un buon affare.
Io ogni mese pago una di queste rate. L’altro giorno mi sono tolto la soddisfazione di lasciare senza fiato una coppia che ancora - sebbene interessata - non si è decisa a procedere all’acquisto. Abbiamo preso i miei estratti conto degli ultimi due anni e abbiamo tirato una riga sotto la voce asilo: facevano quasi 12 mila euro, in comode rate da 500 euro al mese. Silenzio in sala.
Risparmio ai lettori la voce passeggino (600 euro), perché in fondo non serve comprare l’ultimo modello; sorvolo sulla voce pannolini (1.500 euro) perché ora vanno di moda i modelli riciclabili, che dopo l’uso si gettano in lavatrice, rispettano l’ambiente e fanno risparmiare, ma io sospetto che i loro sostenitori non conoscano l’impulso irresistibile che porta a gettare nel cassonetto un pannolino pieno (una liberazione che non ha prezzo); tralascio la voce dottore perché le visite mediche sono (quasi) tutte gratuite e posso tranquillamente omettere la voce latte perché l’allattamento al seno riduce i costi a zero.
Il professore fiorentino - un padre separato, protagonista di una battaglia per dividere con l’ex moglie i costi della prole - ci avvisa che i dolori vengono più avanti. Alimentazione: un figlio maschio adolescente consuma quantità di cibo impressionanti. Dentista: c’è chi deve prendere i soldi in prestito per pagare l’apparecchio del figlio. Istruzione: non ci sono solo i libri, poi arrivano anche i viaggi di studio all’estero. Vacanze: ci vanno tutti, anche tuo figlio un giorno ti chiederà un biglietto aereo per l’America o l’Inghilterra. La voce trasporti prevede nell’ordine: triciclo, trattore a pedali, bicicletta a rotelle, bicicletta senza rotelle, bicicletta grande, motorino, motocicletta e automobile.
Ma nel bilancio non ci sono solo le uscite. Con quella coppia interessata all’acquisto (ma non ancora decisa) abbiamo continuato a esaminare l’estratto conto rilevando con sorpresa alcuni risparmi: niente più conti del ristorante, niente più biglietti del cinema, niente più serate a teatro, eliminati i viaggi aerei, venduta anche la moto. Silenzio in sala.
La voce imprevisti può riservare però amare sorprese, ad esempio quando il figlio prende il telefono cellulare e per fargli il bagnetto lo mette a mollo nel wc. Oppure quando trascina il computer portatile giù dal tavolo tirandolo per il cavo. Il genitore previdente saprà ricavare in bilancio riserve sufficienti anche per coprire le emergenze.
Non sono cose nuove, tanto che la saggezza popolare ha coniato nei secoli un verbo anomalo per indicare l’atto di mettere al mondo i figli. Una parola che però - alla luce di quanto abbiamo scritto - suona come un corretto avvertimento: “comprare”. Perché in alcuni posti della montagna veneta e trentina i figli si “comprano”. Ma al termine di questa disquisizione ragionieristica sui risvolti economici di procreare è ancora il professore fiorentino che ci viene in soccorso indicandoci perché - nonostante il salasso economico - dopo il primo figlio è giusto, tutto sommato, farne un altro: il fatto è che dopo l’investimento iniziale il secondogenito, conti alla mano, costa il 30 per cento in meno. Insomma: un vero affare.

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14 febbraio 2008

I tempi dell'amore

In un giorno di San Valentino di molti anni fa eravamo lì in sala, con gli occhi incollati allo schermo, a seguire le vicende della giovane Rose, ragazza dell'alta società inglese che si innamora del giramondo squattrinato Jack Dawson, salito a bordo del Titanic grazie a un biglietto vinto a poker. Stavamo lì a guardare quell'improbabile passione che sfida le differenze di classe, chiedendoci come avrebbe reagito il fidanzato di Rose, il giovane, ricco e cattivo Caledon che le era stato imposto dalla madre. Facevamo il tifo per i due ragazzi innamorati, cullati dal vento dell'oceano e dalle note di Celine Dion, quando dietro di noi - saranno state due o tre file più indietro - si è fatta largo una vocina di bambino, dal timbro annoiato, forse addirittura esasperato per la stanchezza di seguire per ore le vicende sdolcinate dei due passeggeri invece di arrivare al punto vero del film: "Papa!" disse la voce. "Ma quando affonda???".

Tutto questo solo per dirvi di andare a vedere questo video (vale solo per oggi, San Valentino) in cui ho infilato anche due immagini di Titanic. E a tutti quelli - già me l'immagino - che storcono il naso ogni volta che parlo di questo kolossal del cinema americano, consiglio di leggere questa pagina per imparare qualcosa sulla più grande follia del cinema.

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03 febbraio 2008

In fuga con il bancomat

nelle terre estreme
Poiché il giudizio degli altri mi fa sempre un certo effetto non ero mai andato al cinema da solo: qualcuno potrebbe pensare che non c'è nessuno al mondo che mi voglia accompagnare. Comunque lunedì scorso – ore 21 e 30 – non avendo altra scelta ho vinto i miei timori e mi sono presentato all'ingresso del cinema Astra, solo come un cane. Essendo in anticipo mi sono fermato al bar dove ho ordinato un latte macchiato: grave errore perché la scelta inconsueta ha attirato occhi curiosi su di me, lo spettatore solitario, almeno così mi sono sentito.
Credevo che mi sarei ritrovato solo pure in sala, con la possibilità di cambiare posto a piacimento e di allungare le gambe davanti e di lato. Ero arrivato addirittura a sentirmi in colpa pensando al povero proiezionista che a causa mia avrebbe dovuto fare le ore piccole. Invece mi sono scoperto assieme ad altre 150 persone, nemmeno un posto libero, per un film che sarebbe durato fin dopo mezzanotte. Tutti assieme, di lunedì, per guardare sul grande schermo la storia di Chris McCandless, alias Alex Supertramp, ventenne americano che nel 1992 caricò uno zaino con pochi indumenti, qualche attrezzo, alcuni libri, un sacco di riso e disse addio alla civiltà diretto verso il Grande Nord. Il giorno dopo ancora tutto esaurito e così ogni sera tanto che il padrone del cinema conta di tenere la pellicola in programma per due o tre settimane come succede ormai sempre più di rado.
Non è per le immagini splendide dell'Alaska e nemmeno per ascoltare la colonna sonora di Into the wild che centinaia di giovani si presentano in sala con il biglietto in mano. Forse è perché il libro da cui è tratto il film (enormemente superiore alla pellicola) all'epoca ebbe un gran successo ma è soprattutto un particolare a raccogliere gli spettatori in quella sala: il giovane protagonista di questa storia vera è un uomo in fuga, eroe di una generazione che fuggirebbe molto volentieri.
Fugge (almeno nelle intenzioni) chi pensa di sfruttare al contrario le differenze tra nord e sud del mondo per vendere la casa e vivere di rendita in qualche paradiso, dopo essersi vaccinato contro colera e febbre gialla. Tutto sommato fugge chi compra un camper e lascia la città appena può anche se deve tornare al lavoro il lunedì, almeno per pagare le rate della sua enorme casa viaggiante con televisore, frigo e garage sul retro. E' una fuga dai ritmi del lavoro quotidiano quella di chi molla tutto e apre un agriturismo (nella versione più moderna un bed&breakfast) salvo scoprire che i lavoratori in proprio, a parte qualche eccezione, faticano più dei dipendenti. C'è infine chi passa l'intera vita progettando di fuggire (da solo o in compagnia) ma dopo anni trascorsi in attesa del grande momento lascia perdere perché la vita l'ha cambiato.
Non svelo un segreto (e quindi non tolgo la sorpresa a chi ancora non conosce questa storia) se dico che Chris McCandless è morto durante la sua fuga proprio mentre cercava di tornare al mondo: Jon Krakauer, il giornalista-alpinista che ha ricostruito gli ultimi mesi di vita del ragazzo, lo scrive alla quinta riga del suo libro “Nelle terre estreme”.
Nell'andare al cinema, anche da soli, c'è di buono che durante la proiezione e poi più tardi, quando si accendono le luci, si sentono i commenti degli altri spettatori: c'è chi vede in quel ragazzo che voleva vivere di ciò che gli offriva la Natura un idealista da cui trarre ispirazione; c'è chi lo considera un incosciente con tendenze al suicidio che ha gettato al vento la sua esistenza. Ma dalla sala è salito un mormorio unanime quando Alex Supertramp (a quel punto usava già il suo nuovo nome) ha preso i 24 mila dollari che teneva sul conto in banca, i risparmi per l'università, e li ha infilati in una busta indirizzata a un istituto contro la fame nel mondo. Infine ha acceso le banconote che gli erano rimaste in tasca e ne ha fatto un piccolo falò sull'asfalto della strada maestra, poco prima di lasciarla. Una scena dedicata a tutti noi: uomini in fuga con la tessera sanitaria e il bancomat in tasca.

P.S. nella foto la mia copia di "Nelle terre estreme", personalizzata dalle macchie di the e caffè distribuite tra le pagine, chiaro indizio che questo libro è tra quelli che mi sono piaciuti molto.

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